L’hip hop è un movimento culturale ampio e complesso ed è proprio grazie alle sue numerosissime sfumature che è possibile intravedere grandi potenzialità per un messaggio di reale inclusione sociale.

Un po’ di storia per inquadrare il fenomeno

Nelle righe che seguono si cercherà di offrire uno o più spunti di riflessione su alcuni degli eventi che hanno avuto un ruolo incisivo nella diffusione della cultura Hip Hop. È importante tener presente che, data la vastità dell’argomento, non potrà esserci una descrizione esaustiva.

Nel tentativo di comprendere alcuni degli aspetti che hanno avuto un certo peso nello sviluppo della cultura Hip Hop, intesa in senso antropologico, occorre considerare la complessa situazione sociale che caratterizza la New York degli anni Settanta. Occorre inoltre tener presente che, quando si parla di cultura Hip Hop, siamo di fronte ad un concetto polisemico. Si tratta di una cultura che ha ottenuto un riconoscimento di confini geografici e di una storia che non ha uno sviluppo lineare, ma che è piuttosto caratterizzata da eventi che, pur essendo disomogenei, hanno avuto un ruolo d’impatto nel corso degli eventi.

Aspetti storici, politici e sociali si intrecciano in trame complesse, che in alcuni punti si sovrappongono e in altri si confondono. Per queste ragioni c’è bisogno di uno sguardo a più livelli che si soffermi, per quanto possibile, su alcuni degli eventi considerati maggiormente significativi sul piano economico, politico, sociale e culturale.

Tornando alla New York degli anni ‘70, potrebbe essere utile volgere lo sguardo ad uno dei quartieri più poveri della città, diviso nei ben noti 5 points. Si tratta di una zona divisa tra le varie etnie presenti sul luogo stesso: inglesi, olandesi, tedeschi, irlandesi e anche italiani. In questo contesto si assiste ad una capillare organizzazione della malavita italiana, che fonda gran parte dell’economia territoriale su traffici illeciti.

Il quartiere che bisogna guardare con attenzione in questa fase è proprio Manhattan: in quest’area dal 1969 al 1981 si assiste allo sviluppo di traffici di prostituzione a più livelli.

In effetti i primi semi di un tendenziale cambiamento vengono inizialmente posti dal sindaco Abraham Beame che cerca di aprire un dialogo con alcuni giovanǝ attivistǝ della città impegnati concretamente sul piano dei diritti civili. Il vero cambiamento avviene tuttavia con l’elezione del sindaco Edward Irving Koch (detto Ed) ed è grazie alla sua presenza che la situazione comincia realmente a cambiare. Egli comincia ad utilizzare l’intervento “incisivo” delle forze dell’ordine in diverse zone della città sia contro la malavita organizzata sia contro molte persone appartenenti all’intellighenzia newyorkese, al fine di fermare i traffici connessi alla prostituzione.

Un evidente episodio di stravolgimento avviene nel 1981, quando l’amministrazione di New York propone a Walt Disney l’acquisto di alcuni immobili presenti a Time Square, con l’intento di trasformare questi luoghi in locali a tema Disney.

In queste complesse trasformazioni, tipiche della New York dell’epoca, vanno ricercate alcune delle evoluzioni che caratterizzano la cultura Hip Hop. In questo frangente continuano a sorgere diversi locali notturni dedicati ad un pubblico d’élite, contesto in cui alcunǝ DJ di musica Hip Hop hanno l’opportunità di esibirsi in certi locali. Va però considerato il fatto che gli ingressi sono esclusivi e riservati solo a pochǝ DJ (sceltə in base a una serie complessa di caratteristiche), ulteriore motivo per cui moltə gruppə di artistə cominciano ad organizzare feste parallele in altri punti della città.

La consapevolezza di una reale crescita economica, anche attraverso le discipline che afferiscono alla cultura Hip Hop, arriva nel tempo e in modo non lineare. Tra gli eventi più noti, che potrebbero essere considerati come un esempio di espressione di questa consapevolezza, si può annoverare il famoso “giorno zero”. L’11 agosto del 1973 una giovane ragazza di quartiere, Cindy, sorella minore di Clive Campbell, in arte DJ Kool Herc, organizza una festa all’interno dell’area ricreativa dell’edificio residenziale, utilizzando il ricavato della serata per rifarsi il guardaroba con vestiti adatti a frequentare la scuola e creando l’opportunità per Kool Herc di esibirsi per la prima volta come DJ. Come precedentemente accennato, questo episodio è solo uno dei tantissimi eventi che hanno contribuito allo sviluppo di questa cultura nel tempo, insieme ad una crescente consapevolezza delle potenzialità artistiche ed economiche del settore.

In questo spazio non è chiaramente possibile descrivere tutti gli elementi considerati essenziali per la diffusione e lo sviluppo della stessa cultura.

A questo punto una considerazione conclusiva da proporre riguarda l’aspetto di universalità che caratterizza l’Hip Hop: è così che avviene la trasmissione di profondi vissuti e di emozioni condivise che, allo stesso tempo, si manifestano in modalità profondamente diverse a seconda del contesto socio-culturale di riferimento.

Cosa vuol dire hip hop?

Il termine hip hop è stato coniato durante un’intervista ad Afrika Bambaataa nel 1982 e poi pubblicata con un articolo di Michael Holman sul magazine dal titolo “East Village Eye”. Il suo significato letterale è il seguente: hip → conoscenza, sapere; hop → salto, movimento. È inoltre riconosciuta l’influenza che diversi generi musicali, come ad esempio il jazz, il blues, il funk e altri, hanno avuto sulla musica hip hop.

Le forme artistiche che, tradizionalmente, possono essere considerate parte della cultura hip hop  si raggruppano generalmente in cinque discipline principali: MCing, Djing, Writing, Breaking, Beatboxing.

Attualmente l’hip hop è considerato parte integrante della musica contemporanea. Sono stati individuati quattro periodi storici che caratterizzano la sua evoluzione nel tempo: le radici, l’old school, la golden age e la nuova scuola (produzionehiphop.com).

Poiché non è possibile addentrarsi in tutti i settori che compongono questo vasto campo artistico, si può affermare che, attualmente, una delle discipline che catturano maggiore interesse per quanto riguarda lo sviluppo di un messaggio di partecipazione inclusiva, è certamente l’MCing/MC. (o rap): c’è però da specificare che per divers* espert* del settore non si tratta di termini del tutto simili. Il Maestro* di Cerimonie (MCing) deve avere una buona capacità di freestyle e di flow, inteso come flusso o ritmo del testo che pronuncia, oltre ad una base musicale. Un* rapper invece può anche saper solo scrivere e dare ritmo al testo (Rienzo, 2004).

Ulteriori elementi da considerare riguardano le numerosissime diramazioni che compongono solamente la disciplina MCing e rap: molti artisti rivendicano di fatto una propria autonomia rispetto alle radici culturali dell’hip hop (rapologia.it).

Il rap delle donne  in Italia 

“Il Rap delle donne in Italia non esiste perché il rap è uno solo e non appartiene né ai maschi e né alle femmine”. Così si esprime “La Pina” (una delle prime rapper sulla scena italiana degli anni ‘90) durante un’intervista.

Dello stesso avviso è l’artista Mc Nill quando dice che supporta e ascolta il rap di una ragazza che manda dei pezzi “solo ed esclusivamente perché sono dei buoni pezzi, non perché è una donna” (vice.com, cit.). In questo senso si fa attenzione a non cadere nel meccanismo della sola rappresentanza di genere.

La stessa artista fa notare che lo sviluppo del rap femminile in Italia è in una situazione stagnante. Si tratta di una realtà ancora troppo  ristretta e priva di stimoli adeguati che possano favorire un pieno sviluppo del genere. Nonostante ciò  possiamo fare riferimento ad artiste affermate come Chadia Rodriguez, Anna, Madame, Priestess, e la giovanissima e promettente Alessandra del Prete (solo per citarne alcune) come esempi di una possibile affermazione della propria arte.

Se si parla di scena rap italiana non si può ignorare l’imponente figura di Paola Zukar, una vera e propria business woman del settore che, grazie alle sue capacità innovative, è riuscita a far approdare l’hip hop underground sui canali  mainstream. Nel suo libro pubblicato nel 2016, dal titolo “Rap. Una storia italiana”, oltre a ripercorrere la storia dell’hip hop in Italia, incoraggia le donne appassionate di rap a diventare artiste e produttrici, o manager del settore (Grls.it).

Una piccola riflessione sulla scena rap femminile fuori dall’Italia

In Sudamerica ci sono moltǝ MC. ad aver conquistato la scena e il rispetto in una realtà prevalentemente maschile.

Rebeca Lane (rapper guatemalteca) in una recente intervista sostiene che l’ambiente hip hop è sempre stato ostico soprattutto nei riguardi delle donne femministe. D’altra parte ci fa notare che  la stessa America Latina ha un tessuto socioculturale prevalentemente machista e patriarcale. La stessa artista ci fa riflettere sul fatto che non bisogna però cadere in una visione stereotipata del fenomeno: infatti anche altri ambiti artistici sono caratterizzati da una realtà molto simile a quella riscontrata all’interno dell’ambiente hip hop, tuttavia in quest’ultimo ambito si sta manifestando uno spazio di emancipazione evidente.

Per restare sulla stessa lunghezza d’onda, se pensiamo anche ad artiste americane come Queen Latifah ci accorgiamo che all’interno dei testi sono esplicitamente trattati temi di denuncia sociale, come ad esempio quello della violenza maschile sulle donne. Anche Foxy Brown, Mc Lyte, le Salt’n’Pepa, Missy Elliot, Lauryn Hill possono essere considerate come esempi di lotta per affermare un discorso maggiormente inclusivo.

Proprio per rimarcare la potenzialità di questo genere musicale, diverse rapper femministe come Rebeca Lane, Gaby Baca e Marti Stoner (solo per citarne alcune) prendono apertamente le distanze da quelle forme di rap che potrebbero trasmettere un linguaggio sessista e discriminatorio (elle.com).

Il rapporto tra rap e politica 

Diversǝ artistǝ del settore rivendicano la loro estraneità ad ogni forma di schieramento politico. Tuttavia, soprattutto in riferimento al contesto americano, emergono delle evidenti prese di posizione rispetto alle lotte contro l’emarginazione sociale (in America sia da parte della comunità nera, sia da parte dei bianchi). Bisogna ad ogni modo considerare che si tratta di un ambito artistico relativamente recente, e che non tuttǝ i pionierǝ di questo campo sono emersǝ in maniera evidente (alcunǝ volutamente).

Per altrǝ artistǝ come Federica Giusto in arte Red, una giovane ballerinə autisticǝ, il discorso sulle pari opportunità all’interno di quest’ambito culturale va ben oltre la discriminazione basata sul genere, fino a includere la neurodiversità.L’ “istantanea” presentata in questo spazio non ha certo la pretesa di essere esaustiva ma, prendendo in considerazione alcune premesse, si può considerare l’hip hop come un potenziale terreno fertile per lo sviluppo concreto di un mondo inclusivo, che comprende diverse realtà sociali, crea nuove identità e apprezza  la diversità.

Dharma

Fonti

1. https://www.rapologia.it/2017/11/18/femminismo-hip-hop/

2. https://jacobinitalia.it/il-rap-spiegato-da-una-femminista/

3. https://jacobinitalia.it/quando-il-rap-fece-rima-con-sessismo/

4. https://www.wehatepink.com/blog/2018/10/28/who-you-callina-bitch-breve-storia-dellhip-hop-femminile

5. http://www.hotpotatoes.it/2018/08/16/my-rap-isnt-feminine-but-feminist-rebeca-lane/

6. https://www.elle.com/it/magazine/women-in-society/a30117904/brandie-blaze-rapper-femminista/

7. https://www.vice.com/it/article/65g5zz/hip-hop-donne

8. https://www.cosmopolitan.com/it/lifestyle/a32795994/hip-hop-storia/

9. https://www.schoolofart.it/storia-hip-hop-musica-cultura-societa/

10. https://produzionehiphop.com/blog/storia-e-curiosita/46-un-po-di-storia-come-nasce-l-hip-hop.html

11. https://luz.it/spns_article/intervista-paola-zukar/

12. https://grls.it/paola-zukar-la-signora-del-rap/#:~:text=Paola%20Zukar%20%C3%A8%2C%20senza%20dubbio,di%20farlo%20approdare%20in%20radio.

13. Il rap delle donne in Italia non esiste (vice.com)

14. De Rienzo, N., Hip hop. Parole di una cultura di strada, Dalai Editore, 2008.